DSM, Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, definisce i criteri per valutare la presenza di disturbi mentali. Anche per l’autismo e la sua diagnosi, il DSM rappresenta un vero e proprio testo sacro. In altre parole definisce una soglia al di sopra della quale un soggetto viene definito “Autistico”. Da poco Il “DSM IV” è stato sostituito dal “DSM 5” che Ha cambiato i criteri necessari ad una diagnosi.
Cos’è cambiato? Forse l’articolo potrà sembrare molto tecnico ma non perdete di leggere i risultati, le conclusioni e gli spunti di riflessione.
Riporto di seguito un mio contributo presentato al Congresso Nazionale Società Italiana di Psicopatologia (S.O.P.S.I.) 2016 tenutosi a Milano, riguardante la riconfigurazione dell’autismo alla luce della nuova definizione del DSM 5. Ho partecipato in rappresentanza dell’Università di Losanna (UNIL) e dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Titolo dell’Abstract: LA RICONFIGURAZIONE DELL’AUTISMO TRA DSM-IV E DSM-5 IMPLICAZIONI DIAGNOSTICHE E MEDICO SOCIALI
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Scopo del lavoro
Studio dei risultati della letteratura scientifica più recente sul dibattito DSM-IV e DSM-5.
Materiali e metodi
La ricerca è stata effettuata utilizzando Pubmed e le keywords: autism, prevalence, DSM-5. La ricerca, estesa agli ultimi 5 anni, ha prodotto 11 risultati. Gli articoli selezionati sono quelli che trattano esclusivamente la prevalenza dell’autismo alla luce dei cambiamenti dei metodi diagnostici.
Testo dell’Abstract :
La prevalenza dell’autismo, così come stimata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC), rileva dalle ultime indagini un’incidenza di 1 su 68 bambini nati con tale sindrome. La tendenza è crescente: 1 su 150 nel 2002, 1 su 110 dal 2004 al 2006, 1 su 88 nel 2008.
Tuttavia, per alcuni autori, la maggiore prevalenza dell’autismo è solo una conseguenza dei metodi stessi di conduzione degli studi, a seconda della metodologia adottata per discriminare se un soggetto rientra o no nello spettro autistico.
Un grande cambiamento è avvenuto per la definizione stessa dell’autismo: si è passati dal Pervasive Developmental Disorder (PDD) all’Autism Spectrum Disorder (ASD). Quest’ultimo, rispetto al precedente, non prevede più tre domini sintomatologici necessari per la diagnosi, ma soltanto due: “Deficit socio-comunicativi” e ” Interessi stereotipati e comportamenti ripetitivi”. Il terzo dominio “Deficit della comunicazione” è stato incorporati nei “Deficit socio-comunicativi”.
Sempre all’interno del DSM-5 è stata inserita la categoria “Social Communication Disorder” (SCD), per catalogare quei bambini con significativi problemi di linguaggio e disabilità sociali ma che non presentano comportamenti stereotipati. Sembrerebbe una categoria studiata “ad hoc” per includere i soggetti che, con la nuova definizione di autismo, rimarrebbero senza diagnosi, cioè quelli che incontravano i criteri per il “Pervasive Developmental Disorder Not Otherwise Specified” (PDD-NOS) o per il disturbo di Asperger.
Gli studi sulla sensibilità e specificità dei criteri diagnostici proposti nel DSM-5 hanno condotto ad esiti contrastanti. Mattila e coll. hanno condotto uno studio esaminando i draft criteria del DSM-5 del 2010 arrivando a stimare che solo il 46% di bambini con una diagnosi di PDD rispecchiava i criteri per una diagnosi di ASD. Frazier e coll. in uno studio parallelo hanno rilevato che il 12% di soggetti, soprattutto femmine, con una precedente diagnosi di ASD potrebbero non incontrare i criteri per una diagnosi secondo DSM-5.
Un limite di questi studi, però, è l’aver utilizzato i “draft criteria” e non quelli definitivi.
Ben diversi sono i risultati ottenuti dalla Huerta e coll., che dimostrano un’adeguata sensibilità in tutti i sottogruppi fenotipici, compresi i bambini piccoli, con genere e funzionamento cognitivo differente.
Risultati
Come si evince dagli studi presentati, dai grafici e dalle tabelle, si evidenzia una perdita media del 30% di diagnosi attraverso l’utilizzo del DSM 5 rispetto al DSM IV.
Conclusioni
Alla luce dei dati ottenuti, alcuni soggetti precedentemente valutati nello spettro autistico non rientreranno nella diagnosi di ASD. Al più potranno essere inquadrati nell’SDC e bisognerà vedere quali saranno le risposte del sistema sanitario.
Riflessioni
Man mano che le ASL italiane si adegueranno al nuovo DSM 5, una certa percentuale di soggetti diagnosticati autistici in precedenza potrebbero perdere il diritto all’assistenza socio-sanitaria in quanto potrebbero essere considerati “normotipici” e comunque non rientrare nello spettro autistico. Di conseguenza, in alcuni casi, si potrebbe perderebbe il diritto all’insegnante di sostegno e/o ad eventuali agevolazioni previste dalla Legge 104/92.